Tossico: si dice di quel fungo in cui sia accertata la presenza di sostanze nocive termostabili (tossine) per l' organismo umano

Dal latino tòxicum = tossico, velenoso; a sua volta derivato dal greco tòxon = arco e frecce. Infatti dal greco "toxicòn fàrmakon" (= sostanza velenosa in cui venivano immerse le punte delle frecce per renderle ancora più letali) si è giunti (per sintesi linguistica) al solo termine toxicòn per indicare il veleno.

 

 

Tossico: si dice di quel fungo in cui sia accertata la presenza di sostanze nocive termostabili (tossine  termostabili) per l’organismo umano. Sinonimo di velenoso.

 

 

 

Consultare anche le schede sulla Micotossicologia (a cura del Dott. Claudio Angelini); oppure vedere sul TUTTO FUNGHI da Pag. 47.

 

 

 

 

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Da un articolo di Alessandro Francolini, apparso sulla rivista  inNatura  (n° 16,  Aprile / Giugno  2019):

 

 

 

 

FUNGHI VELENOSI _ Prima parte


 

Avvelenamenti da funghi e prevenzione. Le "false intossicazioni"

 

 

 

 

 

Andare a funghi non è sinonimo di riempire il cesto a tutti i costi! Entrare nel bosco con la macchina fotografica per immortalare e studiare le specie che più ci hanno incuriosito è già un ottimo modo di andare a funghi. D’altra parte, è naturale che la maggioranza dei cercatori non si accontenti di un reportage ma desideri raccogliere le specie più prelibate per apprezzarle in cucina.

 

Prima di cucinare dei funghi bisogna però essere sicuri della loro commestibilità: nei casi dubbi rivolgersi ai tanti Ispettorati Micologici del Servizio Sanitario Nazionale presenti in tutte le regioni italiane.

 

Anche se sembrerà strano, circa il 70% dei casi di intossicazione da funghi è dovuto dall’ingestione di specie definite come commestibili. Si tratta delle cosiddette “false intossicazioni”; qui l’aggettivo falso non deve far pensare a innocui mal di pancia, in quanto si tratta di malesseri veri e propri che spesso richiedono ricoveri ospedalieri e che, pur risolvendosi solitamente in modo benigno, possono creare non pochi problemi oltre che generare paure e stati di ansia ben comprensibili. L’aggettivo “false” le distingue dalle vere intossicazioni (o micetismi), assai più gravi e di cui parleremo nel prossimo numero.

 

Le specie commestibili si suddividono in due gruppi: a commestibilità libera e sicura e a commestibilità condizionata. Il primo gruppo comprende specie certamente commestibili che possono essere consumate a piacimento dopo breve cottura, in alcuni casi anche crude se in quantità limitate; mentre il secondo gruppo annovera funghi che contengono tossine termolabili in buona quantità ma che vengono rese innocue con il calore e dopo prolungata cottura: di almeno 45 minuti, o con una prebollitura a seconda delle specie prese in considerazione.

 

Buona parte delle false intossicazioni dipende dall’aver cucinato fritte o alla griglia specie a commestibilità condizionata: infatti in tal modo non si assicura né il raggiungimento delle temperature richieste né i tempi sufficienti per debellare le tossine termolabili. Assai lungo è l’elenco di tali funghi commestibili previa adeguata e lunga cottura (come la comune trifolatura); qualche esempio tra i più significativi in quanto si tratta di specie facilmente reperibili e di discrete o buone qualità organolettiche: Amanita rubescens, Amanita vaginata, Lepista nuda, Neoboletus luridiformis, Butyriboletus appendiculatus, tutti i Leccinum, tutte le Morchella, ecc. Un discorso a parte occorre fare per le Russula. Si legge spesso che sono commestibili quelle che risultano dolci all’assaggio di un pezzettino crudo di carne o lamelle (espellere sempre dopo l’assaggio…), mentre sono da rifiutare quelle di sapore piccante, amaro o comunque sgradevole. Ciò è vero in parte perché questa informazione non è completa: le specie che fanno capo a Russula olivacea sono dolci all’assaggio, ma contengono tossine termolabili; esigono perciò cottura adeguata e non sono adatte per cotture brevi né, a maggior ragione, per farne una insalatina da crude.

 

La prebollitura, gettando via l’acqua di cottura e successiva lunga cottura, è necessariea invece per le specie che contengono tossine idrosolubili, come i conosciuti Chiodini o Famigliole (Armillaria mellea e simili); inoltre questa specie non deve mai essere raccolta dopo le gelate o tantomeno conservata surgelandola cruda: in questi casi subisce delle trasformazioni dei tessuti e si deteriora iniziando la fase di putrefazione, diventando tossica. Per essere sicuri di non cucinare dei Chiodini che hanno subito delle gelate basta osservarne la carne alla sezione: se è bianca i funghi sono sani, se giallastra o brunastra sono da scartare. Inoltre, è bene cucinare solo gli esemplari più giovani (a forma di chiodino, appunto) e non quelli troppo maturi perché già in stato di possibile deterioramento e perché diventano troppo coriacei e quindi non digeribili. Ogni Ispettore Micologico consiglia infatti di sbollentarli e di gettare via l’acqua di cottura prima di trifolarli per altri 45 minuti; inoltre tagliare via i loro gambi perché coriacei e non digeribili. Purtroppo, in molti non rispettano queste norme di sicurezza riguardanti i Chiodini ed è proprio per questo che la più alta percentuale di ricoveri al Pronto Soccorso per false intossicazioni è imputabile all’ingerimento di Chiodini raccolti o cucinati non correttamente.

 

L’insalatina di funghi crudi: tale prassi, divenuta di moda soltanto nel secolo scorso e destinata a poche specie di accertata commestibilità libera (solitamente Porcini, Ovoli, qualche Prataiolo e qualche Russula, oltre ai notissimi e pregiatissimi Tartufi), è comunque consigliata con grande moderazione delle quantità assunte: oltre che per la scarsa digeribilità anche per la possibile presenza di germi patogeni o di cariche batteriche. Per di più ingerire funghi crudi in quantità abbondanti può accentuare negli individui più sensibili fenomeni come allergie o intolleranze alimentari individuali con spiacevoli conseguenze.

 

Intolleranze alimentari che possono provocare fenomeni gastroenterici, come vomito o diarrea, sono state spesso riscontrate in specie come Boletus reticulatus (il più profumato tra i porcini ma ricco di mannitolo), in molti Suillus (per la loro vischiosità riscontrabile soprattutto nella cuticola che va sempre asportata), nelle Mazze di tamburo (Macrolepiota procera e simili). Mentre il porcino per antonomasia (Boletus edulis) e gli "Champignon" coltivati (Agaricus bisporus) possono addirittura provocare sensibilizzazione in certi soggetti e far così insorgere vere e proprie allergie.

 

Si può incappare in false intossicazioni cucinando funghi vecchi, ammuffiti o intrisi d’acqua; o cuocendoli dopo averli conservati in sacchetti di plastica; o surgelandoli da crudi per consumarli dopo molto tempo. Infine, i funghi contengono chitina in proporzioni variabili da specie a specie; questa sostanza è simile a quella che costituisce il carapace dei crostacei: la sua scarsa digeribilità quindi sconsiglia sia pasti ravvicinati che pasti abbondanti, così come è da evitare la somministrazione di funghi a bambini, anziani, donne in stato di gravidanza e individui debilitati fisicamente.

 

 

 

Amanita rubescens; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Amanita vaginata; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Lepista nuda; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Neoboletus luridiformis; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Butyriboletus appendiculatus; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Russula olivacea; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Armillaria mellea; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Tuber magnatum; foto di Pietro Curti

 

 

 

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Da un articolo di Alessandro Francolini, apparso sulla rivista  inNatura  (n° 17,  Luglio / Settembre  2019):

 

 

 

 

FUNGHI VELENOSI _ Seconda parte

 

 

Funghi tossici o potenzialmente mortali

 

 

 

 

Nel precedente numero si è accennato alle false intossicazioni dovute a quei funghi che, pur essendo commestibili (a commestibilità libera o condizionata), sono stati cucinati e ingeriti senza rispettare le dovute regole.

 

Veniamo ora ai micetismi. Si tratta di vere e proprie intossicazioni dovute al consumo di funghi nocivi perché contenenti tossine  termostabili. Queste non vengono distrutte né mediante cottura né con altri più o meno fantasiosi procedimenti di preparazione, quali essiccazione o surgelamento.

 

In base al tempo intercorso tra l'ingerimento di funghi e l’insorgere dei primi malesseri, tali intossicazioni vengono classicamente suddivise in sindromi a lunga o a breve latenza. Nel primo caso i sintomi sono avvertiti da 6 a 24 (o più) ore dal pasto; si tratta spesso di avvelenamenti piuttosto gravi, addirittura mortali, certo non risolvibili con una semplice lavanda gastrica, in quanto la digestione e quindi l’assimilazione delle tossine spesso è già completata. Nelle sindromi a breve latenza i sintomi compaiono da pochi minuti fino a 4-6 ore dopo il pasto; sono intossicazioni solitamente (ma non sempre!) a decorso benigno e rappresentano l’80% dei micetismi osservati. Tuttavia oggi si parla più in generale di sindromi maggiori (potenzialmente mortali) e sindromi minori (a esito benigno), indipendentemente dal tempo di latenza.

 

L’elenco delle specie tossiche è piuttosto cospicuo. Prenderemo in considerazione solo alcune delle specie che, magari per il loro bell’aspetto e/o per le loro discrete dimensioni, possono invogliare ad una incauta raccolta. Alcune di queste specie sono già state presentate in dettaglio nei precedenti numeri di  inNatura.

 

Un fungo da riconoscere sempre perfettamente è Amanita phalloides, responsabile della sindrome falloidea (sindrome sia maggiore che a lunga latenza), che causa gravi intossicazioni, anche mortali. I motivi che, anche ai nostri giorni, inducono un fungaiolo a raccogliere e cucinare tale specie vanno ricercati nell’incoscienza, ignoranza, ingordigia e, non ultimo, il deprecabile vizio di raccogliere ovoli chiusi (quelli di Amanita caesarea o ovolo buono) che possono essere confusi con gli ovoli chiusi di Amanita phalloides; le sue tossine colpiscono soprattutto (ma non solo) il fegato e possono essere sufficienti 20-30 grammi di fungo fresco per provocare la morte. Altre Amanita che è bene riconoscere e che sono le parimenti tossiche/mortali  sono Amanita virosa (rara ma, ad esempio, frequente nelle abetaie trentine) e Amanita verna (più tipica dei boschi temperati di latifoglia del Centro Italia).

 

Un occhio inesperto può scambiare per specie commestibili due funghi viceversa altamente pericolosi: si tratta di Cortinarius orellanus (tipico di latifoglie) e di Cortinarius rubellus (tipico delle peccete subalpine), responsabili di sindrome orellanica che è un’altra sindrome maggiore e a lunga latenza. Talmente lunga che i primi sintomi possono apparire dopo 36 ore dal pasto. Potenzialmente anche solo 20 grammi di fungo fresco contengono orellanina sufficiente per danneggiare in modo irrimediabile i reni con gravissimi danni, risolvibili a volte solo con un trapianto renale o la dialisi a vita nei casi più favorevoli, ma che in diversi casi possono portare alla morte.

 

Caso controverso si deve alle specie del genere Gyromitra: in molti paesi del Nord e Centro Europa resiste tuttora una consolidata tradizione culinaria e di vendita di tali specie, soprattutto riguardo a Gyromitra esculenta il cui epiteto specifico ne rivelerebbe l’innegabile gusto prelibato ma non la pericolosità. Infatti la giromitrina è una tossina più o meno termolabile  che, quindi, non sempre viene distrutta con la cottura prolungata o tramite particolari processi di essiccazione. Tale tossina oltre ad essere responsabile di danni nei confronti del fegato, dei globuli rossi e del sistema nervoso centrale, è una sostanza cancerogena!

 

Anche Paxillus involutus e Paxillus filamentosus sono da taluni consumati impunemente in quanto ritenuti fino a qualche decennio fa commestibili; tuttavia possono causare gravi intossicazioni, potenzialmente mortali, soprattutto in caso di consumo ripetuto, ravvicinato e abbondante. Sono responsabili di sindrome paxillica, un esempio di sindrome maggiore ma di breve latenza in quanto i disturbi si possono manifestare dai 30 minuti alle 9 ore dopo il pasto.

 

Responsabili di sindrome falloidea e quindi considerate potenzialmente mortali sono alcune specie del genere Galerina o del genere Lepiota. Queste ultime, di dimensioni piuttosto ridotte, ricordano le Macrolepiota (le grandi Mazze di tamburo e simili) che tuttavia sono dei giganti al confronto.

 

Spesso l’immaginario collettivo pone Amanita muscaria e Boletus satanas (= Rubroboletus satanas) tra i funghi tossici per antonomasia. In realtà la loro tossicità è assai minore rispetto alle specie prima elencate. Occorrerebbero infatti 5 kg di Amanita muscaria  fresca per raggiungere una dose mortale per l’uomo, mentre il consumo di  Boletus satanas  provoca intossicazione gastrointestinale più o meno grave ma con esito spesso benigno.

 

Ben più problematiche e pericolose le intossicazioni dovute al consumo di Entoloma sinuatum o di Tricholoma pardinum, funghi carnosi e di bell’aspetto che possono indurre un fungaiolo inesperto alla loro raccolta.

 

Infine, come già scritto più volte, si consiglia di rivolgersi alle ASL e ai loro Ispettori micologici per il sicuro riconoscimento dei funghi raccolti. Regola questa tanto banale e ovvia, quanto troppo spesso disattesa!

 

Nel caso di malessere dopo un pasto a base di funghi occorre rivolgersi al Pronto Soccorso, recando tutti i possibili residui dei funghi utilizzati: dalle puliture agli avanzi dei funghi cotti fino a quelli espulsi col vomito. In tal modo, dopo che un micologo avrà individuato anche tramite microscopia le specie responsabili dell’intossicazione, potrà essere intrapresa la terapia più idonea in relazione alla particolare sindrome riconosciuta.

 

 

 

 

Amanita phalloides; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Amanita muscaria; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Entoloma sinuatum; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Lepiota cristata; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Giromitra gigas; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Cortinarius rubellus; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Ovoli di Amanita phalloides; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Lepiota clypeolaria; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

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Termine Enciclopedia Illustrata curato e redatto per AMINT da Alessandro Francolini.