Curiosita' micologiche: tra credenze e aneddoti relativi al mondo dei funghi

Da un articolo di Alessandro Francolini, apparso sulla rivista  inNatura  (n° 14, Ottobre / Dicembre 2018):

 

 

 

 

 

CURIOSITÀ MICOLOGICHE

 

Tra credenze e aneddoti relativi al mondo dei funghi

 

 

 

Senza dubbio la natura dei funghi, con il loro misterioso spuntare dal suolo dopo qualche giorno di pioggia per poi dileguarsi nel nulla, ha da sempre destato l’interesse dell’uomo.

 

L’utilizzo dei funghi come nutrimento e non solo, si perde nella notte dei tempi. Ad esempio risalgono al 1000 a.C. alcuni manufatti del popolo Maia raffiguranti idoli a forma di fungo: si tratta di statuette probabilmente impiegate in cerimonie religiose in cui si consumavano funghetti con proprietà allucinogene o afrodisiache. Non mancano disegni murali egizi risalenti al 1500 a.C. che riguardano l’uso dei funghi come alimento. Risalgono a tempi ancora più remoti (3300 a.C.) i resti della mummia ritrovata in Val Venosta, conosciuta come “Ötzi”, e che recava con sé, tra le altre cose, porzioni di due tipi diversi di funghi. Uno è oggi conosciuto come Fomes fomentarius e serviva come esca per accendere il fuoco, l’altro è Piptoporus betulinus che contiene sostanze antibiotiche e che all’epoca era probabilmente utilizzato per curare e disinfettare le ferite.

 

Nel corso dei millenni si sono accumulate tante osservazioni sui funghi da riempire una intera biblioteca. Alcune di queste non sono attendibili, ma si sono così radicate e diffuse da essere ancora presenti nell’immaginario collettivo.

 

L’esempio più eclatante è dato dagli scritti di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.). Nel suo monumentale “Naturalis historia”, una sorta di Enciclopedia naturalistica dell’epoca, non mancano accenni ai funghi: vi si può leggere che sono ritenuti velenosi tutti quelli nati vicino a ferri arrugginiti, a panni fradici o a tane di serpenti. Oggi sappiamo che tutto ciò è privo di senso ma, dopo 2000 anni, c’è ancora chi ci crede! L’origine dei funghi, per Plinio, va ricercata negli umori della terra umida che inizia a fermentare, idea già presente in Aristotele che riteneva i funghi un prodotto spontaneo del suolo. Credenza che ha influenzato generazioni di naturalisti fino a tutto il Medioevo e oltre. Per evitare gli avvelenamenti, Plinio suggeriva di cucinare funghi assieme a salnitro o a piccioli di pere selvatiche, o cotti con abbondanza di aceto che “per sua natura è contrario ai veleni.”

 

Dopo 15 secoli ritroviamo dei richiami ai testi di Plinio nei lavori di uno dei medici e umanisti più famosi dell’epoca, Pietro Andrea Mattioli (1501-1578). Per Mattioli e per la comunità scientifica del suo tempo sono sicuramente mangerecci i funghi che nascono sugli alberi, purché non su piante velenose, perché in tal modo si trovano lontani da ferri arrugginiti, da panni fradici o da tane di serpenti! Sono tossici invece i boleti che diventano bluastri o neri al taglio (mentre oggi sappiamo che non è certo questa la regola). Fa poi inorridire la “cura”, retaggio di chissà quali antiche terapie, indicata dal Mattioli per assistere chi è stato avvelenato dai funghi: provocare il vomito dell’intossicato tramite somministrazione di decotti a base di sterco di gallo, miele, aceto e liscivia con salamoia acetosa.

 

I funghi velenosi la fanno da padrone in molta aneddotica che racchiude probabilmente qualche verità. Ad esempio sembra che l’imperatore Claudio sia stato avvelenato con Amanita phalloides in un complotto ordito da Agrippina al fine di far salire al trono il figlioletto Nerone.

 

Gli storici asseriscono che anche Lucrezia Borgia (1480-1519) conoscesse la velenosità dell’Amanita phalloides e che la impiegasse per sfoltire la sua nutrita schiera di scomodi amanti.

 

Si narra che Papa Clemente VII fosse goloso di Amanita caesarea; morì nel 1534 per aver commesso (lui o chi per lui) l’errore di scambiare ovoli buoni con quelli di  Amanita phalloides.

 

Gli utilizzi extra-alimentari dei funghi sono fonte inesauribile di curiosità. Solo alcuni esempi. Il succitato Piptoporus betulinus, una volta essiccato, era impiegato dai barbieri per affilare i rasoi e dagli orologiai svizzeri per levigare e lucidare alcune parti dei loro orologi.

 

Il Pisolithus arhizus o Scleroderma tinctorius fu illustrato nel 1697 dal botanico palermitano Paolo Boccone nella sua opera “Museo di piante rare”. Venne indicato con il nome Catatùnfuli: nome datogli dalle donne messinesi che lo impiegavano per tingere i panni grazie alla sua polvere sporale che costituisce un ottimo colorante.

 

Amanita muscaria, spezzettata e messa in una ciotola col latte, era impiegata per uccidere mosche e insetti; mentre dal Coprinus picaceus si poteva ottenere, dopo cottura e relativo filtraggio, un liquido nerastro che sostituiva l’inchiostro.

 

L’utilizzo di molte specie fungine per le loro proprietà officinali, vere o presunte che siano, ha una tradizione millenaria soprattutto in Oriente: basti pensare al gran numero di patologie che in Cina o Giappone si ritengono curabili con medicinali a base di polvere di Ganoderma lucidum (Ling Zhi o Reishi).

 

Così come da sempre sono conosciuti in tutti i continenti molti funghi la cui ingestione, da crudi o da essiccati, provoca allucinazioni e stati euforici: si tratta tuttavia di pratiche pericolose e dagli esiti talvolta infausti.

 

Tornando a “casa nostra” sono infine da elencare le credenze popolari sulla commestibilità dei funghi. Ecco soltanto alcune delle pericolose sciocchezze che talvolta continuiamo a sentire: “i funghi nati sui prati sono commestibili”; “i funghi mangiati dalle lumache sono commestibili”; “i funghi che non cambiano colore sono commestibili”; “i funghi tossici se essiccati o se cotti a lungo diventano commestibili”; “occorre cuocere i funghi assieme a spicchi di aglio o a un cucchiaino di argento: se durante la cottura né aglio né cucchiaino diventano scuri, allora i funghi sono commestibili”. Quest’ultima è una vecchia credenza assai diffusa, riascoltata qualche mese fa in televisione in uno dei tanti programmi di cucina, e data per attendibile! E l’elenco potrebbe continuare.

 

Nessuna di tali credenze ha ovviamente un briciolo di validità; viceversa la loro osservanza può condurre a conseguenze potenzialmente mortali.

 

Ricordiamoci che l’unico modo per sapere se un fungo sia tossico o no passa attraverso la detreminazione precisa della specie a cui appartiene!

 

 

 

 

Fomes fomentarius; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Piptoporus betulinus; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Ovoli di Amanita phalloides; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

 

Ovoli di Amanita caesarea; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Amanita muscaria; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Coprinus picaceus; foto di Alessandro Francolini

 

 

 

 

Ganoderma lucidum; foto di Alessandro Francolini

 

 

 


***************************

 

 

 

 

 

Termine Enciclopedia Illustrata curato e redatto per AMINT da Alessandro Francolini.